Avevo una vecchia lavatrice, che un giorno decide di rompersi.
“Non vale la pena di aggiustarla, conviene sostituirla”, decreta il tecnico chiamato a intervenire.
Supero il disappunto iniziale e mi dico che, tutto sommato, è l’occasione che aspettavo per acquistare un nuovo modello, magari più sofisticato ed efficiente, anche sotto il profilo ambientale. Sì, sono molto sensibile al tema.
Dopo una lunga e attenta ricerca, trovo quella che fa al caso mio: noto marchio tedesco, che sulla tecnologia non si scherza, sofisticata ma non troppo, con un buon numero di programmi.
Arriva finalmente il momento del primo lavaggio.
Fiera della mia scelta, decido di sperimentare l’avvio posticipato così metto subito in atto il risparmio energetico. E qui viene il bello.
Seguo passo passo le istruzioni riportate nel manuale, nella parte tradotta in italiano, e programmo la partenza ritardata. Più tardi scopro che la lavatrice non è partita all’ora prescelta.
Ripercorro le istruzioni, certa di aver sbagliato qualche passaggio, ma anche questa volta non succede nulla.
Caspita, la super-lavatrice super-efficiente non funziona?
Mi viene un dubbio e assecondo la mia deformazione professionale: leggo le istruzioni nella lingua originale (tedesco). Scopro così che nella versione italiana manca la frase “premi di nuovo il tasto Start per confermare la scelta”.
Omissione? Errore di traduzione? Di revisione?
L’unica cosa certa è l’inefficacia di quelle istruzioni. E un tonfo, ai miei occhi, nella reputazione dello stimato marchio tedesco. Forse inconsapevole, o forse colpevole di aver sottovalutato l’importanza di una traduzione corretta.
Ma se, invece di una lavatrice, si fosse trattato di una macchina utensile da taglio? Che rischio avrebbe corso un ipotetico operatore con istruzioni non correttamente tradotte?